Portami dove sei nata
di Roberta Scorranese
La casa Editrice Bompiani, ha pubblicato il libro scritto dalla
giornalista del "Corriere della Sera" Roberta Scorranese,
abruzzese di Valle S. Giovanni, frazione di Teramo, dal titolo "Portami dove sei nata". In copertina le serpi di Cocullo, citate come esempio di una regione
legata alle tradizioni ancestrali ma aperta alla modernità.
E' un percorso appassionato nelle radici e nelle speranze della
sua terra di origine, partendo dalle tradizioni per approdare
all'attualità, ai problemi di una terra e di una cultura in
faticosa trasformazione.
Non poteva mancare il terremoto, che ha segnato il suo paese
ma anche la vita di tanti conterranei, minando le certezze di
giovani e famiglie.
Una analisi senza indulgenze, ma anche con freddo sguardo del
cronista, alieno da cedimenti alla nostalgia e dal compiacimento
folcloristico.
Quel che resta
di Vito Teti
"Mentre scrivo queste righe, il campanile di Amatrice
cade sotto la forza del terzo terremoto che ha colpito,
in meno di sei mesi, i paesi dell'Italia centrale"
Nell'immagine del campanile di Amatrice, Teti scorge
un mondo ben più vasto, che va anch'esso inesorabilmente
franando. mentre i grandi agglomerati urbani si preparano ad
ospitare la gran parte della popolazione mondiale,
interi territori si spopolano. E lo spopolamento è la
cifra delle aree interne di numerose regioni d'Italia
e d'Europa. nella prospettiva di teti, il passato può
e deve essere riscattato come un mondo sommerso di
potenzialità suscettibili di future realizzazioni".
Vito Teti è professore ordinario di Antropologia culturale
dell'Unical, dove ha fondato e dirige il Centro di
iniziative e ricerche "Antropologie e letterature del Mediterraneo".
Ripensare il territorio
a cura di Eide Spedicato Iengo, Fabio Travaglini, Orazio Di Stefano
Un libro sui problemi dello sviluppo locale in una delle tante valli abruzzesi, commissionato dal "pubblico" ed indirizzato al privato. Con pregevoli analisi dei redattori, da Eide Spedicato Iengo, a Lia Giancristofaro, a Fabio Travaglini, a Simone D'Alessandro, ad Orazio Di Stefano. Quello che rende perplessi è la conclusione: utilizzo delle risorse locali e sviluppo compatibile. Stiamo parlando della Valle del Trigno, un'area al confine col Molise, dove passa una strada che provoca un incidente al giorno. Appare chiaro che un imprenditore, prima di avventurarsi lungo quelle balze, vorrebbe almeno una strada sicura. E la "Trignina" sicura non è. Ma questo, che prima di tutto ci vuole una strada, non lo si può dire, perchè è impattante. Così come sono ormai irraggiungibili i centri dell'interno, con vie interrotte o franate. Prima delle sviluppo, compatibile o no, ci vogliono le "condizioni esterne". In valla del Trigno come in Valle Peligna..
Le tradizioni al tempo di facebook
di Lia Giancristofaro
Le rivoluzioni industriali e tecnologiche hanno contribuito a configurare uno scenario confuso e dissipativo, davanti al quale le persone sentono il bisogno di caratterizzarsi attraverso la definizione di dati culturali certi e di affrontare il tempo festivo tramite la guida esplicita di un passato idealizzato. La tradizione, assieme a tutto il suo corredo di richiami illusori, sembra essere sopravvissuta alla modernizzazione, tornando oggi prepotentemente sulla scena come categoria popolare. Questa ricerca esplora, in una regione del Centro-Sud, la connessione che viene a crearsi tra le nuove tecnologie e alcune comunità della memoria: una sorta di ingegneria dei processi identitari. Queste le conclusioni di Lia Giancristofaro, professore di Antropologia Culturale all’Università “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara: «Il contesto osservato esprime alcune pratiche di trasmissione della memoria improntate a consapevolezza e sostenibilità, ma anche rievocazioni che rischiano di tradursi in una fiction senza ethos. Per aiutare le comunità a ridiscutere il loro rapporto col passato, insomma, sarebbe utile stimolare una inventariazione partecipativa delle espressioni locali e del loro significato di “scuola di vita”, come indica la Convenzione UNESCO per la Salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, ratificata dall’Italia nel 2007.
Pompei, Italia
di Francesco Erbani
Pompei è una metafora della condizione generale del nostro patrimonio storico, di un atteggiamento politico, culturale e finanche antropologico fondato sulle emergenze; dei rapporti fra l'Italia e il resto del mondo e in particolare con l'Europa; della dialettica fra la Grande Opera e la manutenzione puntuale, fra intervento pubblico e privato, fra conservazione e fruizione. pompei è una metafora dello stato del nostro paese.
Mezzogiorni d'Europa
Il caso dell'Abruzzo
di Nicola Mattoscio
Per tornare ad essere il Nord del Sud ed il Sud del Nord, all'Abruzzo si presenta una strada obbligata: la sfida dell'innovazione. Quella politica, economica, culturale e civile. Ma qui sorge spontanea la domanda: innovare su cosa e verso cosa? Nicola Mattoscio, docente dell'Università D'Annunzio di Pescara e uomo di governo impegnato nel pubblico (Saga) e nel privato (Fondazione PescarAbruzzo), in questo volume, mette in campo un lungo elenco. La competitività delle piccole e medie imprese, vera spina dorsale del sistema produttivo regionale. Una organizzazione imprenditoriale dell'agricoltura. Un target riconoscibile ed unitario per il turismo. La velocizzazione dei trasporti. La modernizzazione delle infrastrutture. Il riconoscimento del ruolo centrale dell'area metropolitana Pescara/Chieti. La valorizzazione (e non la svendita a saldo) del patrimonio culturale. La rinascita "consapevole" dell'Aquila. Un elenco da far tremare le vene dei polsi e per il quale la politica non sembra pronta. Per la verità non è mai stata pronta, sostiene Mattoscio, a partire dall'istituzione delle regioni fino ad oggi, mancando in tutte le svolte nodali. Innovazione, dunque. Stranamente, sembra quasi un controsenso ricordare questo oggi, in un giorno nel quale l'intera infrastruttura regionale sembra crollare, da Vasto a Tortoreto, sotto i colpi di un normale temporale di fine Novembre, nemmeno tanto forte. O in un periodo nel quale delle tante inchieste aperte dalla magistratura, quella che dovrebbe moralizzare la vita pubblica, non se ne conclude una. E, nelle sentenze di primo grado, le ipotesi accusatorie vengono sistematicamente rigettate. Forse, per innovare, bisogna suscitare altre energie, quelle nascoste che pure questa regione ha, ma che per ora sembrano compresse da una classe dirigente non all'altezza del compito affascinante e tremendo che abbiamo di fronte
Non dirmi che hai paura
di Giuseppe Catozzella
Samia è una ragazzina di Mogadiscio. Ha la corsa nel sangue. Ogni giorno divide i suoi sogni con Alì, che è amico del cuore, confidente e primo, appassionato allenatore. Mentre intorno la Somalia è sempre più preda dell'irrigidimento politico e religioso, mentre le armi parlano sempre più forte la lingua della sopraffazione, Samia guarda lontano, e avverte nelle sue gambe magre e velocissime un destino di riscatto per il paese martoriato e per le donne somale. Gli allenamenti notturni nello stadio deserto, per nascondersi dagli occhi accusatori degli integralisti, e le prime affermazioni la portano, a soli diciassette anni, a qualificarsi alle Olimpiadi di Pechino. Arriva ultima, ma diventa un simbolo per le donne musulmane in tutto il mondo. Il suo vero sogno, però, è vincere. L'appuntamento è con le Olimpiadi di Londra del 2012. Ma tutto diventa difficile. Gli integralisti prendono ancora più potere, Samia corre chiusa dentro un burqa ed è costretta a fronteggiare una perdita lacerante, mentre il "fratello di tutta una vita" le cambia l'esistenza per sempre. Rimanere lì, all'improvviso, non ha più senso. Una notte parte, a piedi. Rincorrendo la libertà e il sogno di vincere le Olimpiadi. Sola, intraprende il Viaggio di ottomila chilometri, l'odissea dei migranti dall'Etiopia al Sudan e, attraverso il Sahara, alla Libia, per arrivare via mare in Italia. Giuseppe Catozzella per mesi è entrato dentro la vita reale di Samia, e l'ha reinventata in una voce dolcissima, scrivendo un romanzo memorabile. Da quella voce, da quell'io leggerissimo che ci parla con fermezza e candore, si sciolgono la struggente vicenda di un'eroina dei nostri tempi, la sua fiaba, e insieme il suo destino.
Come un vento serenatore
(ai confini di un parco)
di Pasquale Del Cimmuto
"Come un vento serenatore" ci porta la voce della natura che circonda Pescocostanzo, paese di cui l'autore è Sindaco, filtrata dallo sguardo complesso e profondo di chi osserva. Così lo sprito inqieto, conseguenza della vita frenetica di chi è costretto ad essere protagonista del presente, trova pace, quiete e respiro. Il linguaggio complesso, quasi creato apposta per fotografare il paesaggio, si fa voce immanente della natura. E gli uomini, figure quasi marginali rispetto alla natura che informa la vita quotidiana, diventano parte del creato. Immanenti, panici, vinti dalla meraviglia "serenati" appunto. Tutta la poesia moderna è combattuta in un binomio che appassiona i cultori della materia. E' poesia il verso pregno di contenuto, didascalico rispetto al lettore? Oppure la sempre più stretta compenetrazione tra musicalità del verso e contenuto diventa il filo conduttore? D'Annunzio o Manzoni? Ezra Pound o Eliot? Pasquale Del Cimmuto sceglie il secondo corno del dilemma. Per lui la musicalità del verso immersa nella realtà dell'orizzonte della vita, diventa il momento caratterizzante della poesia. Frutto della lunga frequentazione dei luoghi D'Annunziani e di quel cenacolo di Francavilla nel quale ha appreso l'arte del critico letterario che è la seconda "cifra" della sua complessa formazione culturale. Da cui Moto Perpetuo, la rassegna pescolana che lascia a chi verrà dopo di lui alla guida del comune. Musicalità del verso, dicevamo. Solo che nelle poesie di Del Cimmuto non si respira la grande musica di Hendel, Mozart, della VI di Beethoven o del "Nuovo Mondo" di Dvorak. La sua poesia ha un andamento per così dire "Rock". Che è grande musica anche quella, se fatta bene. Perchè, oltre che nella natura, Del Cimmuto è immerso anche nel suo tempo. E ne dà una testimonianza ne "Come un vento serenatore".
Fioriture in alta quota:
il Giardino Alpino di Campo Imperatore
a cura di Loretta G. Pace e Paolo Fasciani
Questo libro è frutto di una ricerca a più mani che ci fa apprezzare, anche con l'ausilio di preziose tavole iconografiche, la bellezza delle fioriture in alta quota.
La lettura dei diversi contributi evidenzia un forte legame con il territorio, quello montano, caratterizzato da entità vegetali di particolare valore scientifico dovuto anche alla loro rarità. L'obiettivo che gli autori hanno perseguito allestendo questo volume divulgativo è proprio quello di ripercorrere la storia e le attività del Giardino Alpino di Campo Imperatore la cui particolare posizione geografica e altimetrica lo pongono come esempio unico e privilegiato in tutto l'Appennino.
Prof. ssa Paola Inverardi
Rettrice Università degli Studi L'Aquila
Vita di San Domenico da Fuligno
Introduzione di Sofia Boesch Gajano
Le vicende terrene e le virtù spirituali di San Domenico da Foligno (meglio noto come di Sora o di Cocullo) si dipanarono attraverso le zone rurali e montane dell'Umbria, del Lazio e dell'Abruzzo, tra eremitismo, fondazione di chiese e monasteri e predicazione contro il malcostume del clero e gli abusi dei laici, lontano dai grandi centri e dalle strutture ecclesiastiche ma vicino alle signorie locali come i potenti conti dei Marsi.
Questa è la prima opera a stampa sulla vita e i miracoli del Santo, che il gesuita abruzzese Gaspare Spitilli da Campli tradusse dalla Vita di Sora, manoscritto derivato dal testo della Vita scritta da Alberico da Montecassino (1060-1061). Essa ci restituisce la rappresentazione di un personaggio che - come scrive Sofia Boesch Gajano nell'Introduzione - «incarna il passaggio fra monachesimo di tipo "stanziale" e quello che alla vocazione di una vita perfetta nella solitudine dell'eremo o nel chiuso delle mura monastiche ha unito l'impegno pubblico per la riforma della Chiesa e della società cristiana».
Lo dico al TG
di Umberto Braccili
ISTRUZIONI PER L’USO DEL LIBRO
Troverete sul sito della RAI TgR Abruzzo o sul canale you-tube, ricercando “Lo dico al TgR” quasi tutte le puntate raccontate in questo libro. Una bella interazione tra scritto immagini.
In più ho deciso di devolvere all’associazione “Abilbyte” di Pinete le mie spettanze dalle vendite realizzate in libreria. In accordo con l’Editore Giacinto Damiani, poi, per le vendite realizzate durante le presentazioni, parte del ricavato, incluse le mie spettanze, sarà devoluto a quelle associazioni di volontariato che ospiteranno di volta in volta le presentazioni del libro.
Amo il volontariato e in più ho già ottenuto il compenso che mi spettava dal mio lavoro in Rai. In fin dei conti questo scritto si limita a raccontare quello che la meravigliosa azienda Rai mi ha permesso di fare in tutti questi anni.
E di questo sarò sempre grato all’azienda.
lodicoaltg@gmail.com
www. umbertobraccili.it
www.ricercheeredazioni.com
Il terremoto tra diritto e scienza
di Fabrizio Marinelli
Il volume raccoglie ampie parti della requisitoria dei Pubblici ministeri e della sentenza del Tribunale dell'Aquila che nell'ottobre del 2012 ha condannato i componenti della così detta Commissione "Grandi rischi", i quali, qualche giorno prima del disastroso terremoto del 6 aprile 2009, si erano riuniti all'Aquila per valutare i rischi dell'attività sismica.
Si tratta di materiale che ha il solo scopo di testimoniare una rilevante occasione di dibattito e di approfondimento del rapporto che intercorre tra la scienza e il diritto. Un'occasione, quindi, per comprendere e per riflettere.
Dal T.S.A. al T.S.A.
di Andrea Iannamorelli
"Non produciamo più grandi progetti, anche più
grandi di noi, come nel caso della grande invenzione di un "Teatro Stabile", lì dove non esistevano le condizioni strutturali minime per farlo esistere ".
"...Sembrano morte l'ambizione e la fantasia, proprie di una "speranza" che fino a tutti gli anni ottanta ci ha sorretti...".
... La nostra "identità sfuggente" (com'è stato scritto tanti anni fa), dal plurale (Abruzzi) al singolare (Abruzzo), da tempo ha perso i suoi interpreti più significativi; e l'imperativo politico di ridurre ad "uno" la pluralità dei municipi, dopo gli anni settanta e ottanta, non ha prodotto nemmeno più... provocazioni, tensioni, discussioni manichee, forse, alle quali, un tempo, eravamo abituati (anche troppo, sicuramente con eccesso di passione), ma che, ad un consuntivo complessivo, pur avendo generato molti problemi, in qualche modo sono state dialetticamente "produttive"...
Invisibile è la tua vera patria
di Giancarlo Liviano D'Arcangelo
Il volume "Invisibile è la tua vera patria", di Giancarlo Liviano D'Arcangelo, editore Il Saggiatore, descrive alcuni siti industriali italiani o dismessi o trasformati nel tempo. Essi sono L'Ilva di Taranto, la Olivetti di Ivrea, il cotonificio di Crespi D'Adda, la centrale nucleare del Garigliano, la miniera della Sardegna, gli stabilimenti Florio di Palermo, il Luneur di Roma. Un vero e proprio reportage di quella che voleva essere un paese industriale, con i suoi punti alti, e che, nel tempo, per scelte sbagliate o per incuria delle classi dirigenti, si sta trasformando in un vero e proprio cimitero delle illusioni. Sintomo di un paese che non è più in grado di avere cura di se stesso e di immaginare il suo futuro. Una spietata fotografia del presente, con un occhio di speranza verso il futuro.
Orso.
Biografia di un animale dalla preistoria allo sciamanesimo
di Claudio Corvino
L'orso è l'ultima delle grandi fiere che il mondo abbia conosciuto, un generatore di simboli adatto a individuare realtà diverse tra loro: dalle comunità gay "Bears" alla Coca-Cola, dalle costellazioni alle squadre di rugby. In questo insolito saggio, una vera e propria biografia dell'orso, si ripercorrono i rapporti intercorsi tra l'uomo e l'animale nei secoli e nelle culture: dalla Preistoria e il suo presunto "culto dell'orso" al mondo greco, dove l'animale dà nome a costellazioni e accompagna le ragazze di buona famiglia alla vita matrimoniale attraverso il rito dell'aratela; dal mondo romano, dove combatte contro altri animali, gladiatori, cristiani e criminali, all'età medievale, quando i cuccioli sono utilizzati da principi e re come dono per le dame e gli adulti come cavalcature di santi. Un'epoca in cui gli uomini possono trasformarsi in terribili Berserkir, i mitici guerrieri-orso delle saghe nordiche. Il volume spazia anche tra le culture etnologiche: dagli Ainu giapponesi agli indiani d'America, dagli Inuit agli sciamani tungusi, per raccontare con linguaggio accessibile anche ai non specialisti realtà antropologiche come "Signore degli Animali", Bear Ceremonialism, sciamanesimo. Anche nelle tradizioni occidentali l'orso è ancora presente nei racconti e nelle maschere di Carnevale: i loro significati profondi saranno ricercati in un piacevole viaggio che va da Aristotele a King Kong. Senza dimenticare le compagnie italiana, gitane e russe degli orsanti.
Pensieri, parole e omissioni
in terra dannunziana
di Massimo Santilli
Massimo Santilli è nato il 21 luglio del 1959 a Castelvecchio Subequo (AQ).
Consegue il diploma di maturità presso l'Istituto Magistrale "G. Vico" di Sulmona e frequenta la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di L'Aquila. Autore di vari volumi e saggi di ambito demologico e ideatore e curatore di importanti eventi culturali e musicali, alterna alle sue produzioni editoriali di ricerca etnografica un forte interesse verso la poesia che coltiva sin da bambino. A soli 10 anni, infatti, compone i suoi primi versi, raccolti in fascicolo dalle proprie insegnanti.
È soltanto nel 2004, però, che consegna alle stampe una selezione delle sue poesie dal titolo Segreti pensieri d'amore - Epigrammi in atmosfere Ovidiane. L'opera, distribuita dalla "Nuova Editrice", incontra un buon successo editoriale.
Alcuni suoi versi sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista "Acadèmia", nella rubrica di poesia ermetica. Fortemente attratto dai temi della pittura, ha scritto poesie inserite in vari cataloghi d'arte.
Macerie dentro e fuori
di Umberto Braccili
Stampato a cura dell'Associazione A.V.U.S., che raccoglie i genitori delle 26 vittime di Universitari del terremoto dell'Aquila del 2009
In questo libro, scritto dal giornalista di Rai 3 Abruzzo, Unberto Braccili, sono raccolte le testimonianze dei genitori, di amici e parenti di alcuni degli studenti periti nel sisma aquilano del 2009, dentro e fuori la casa dello studente. E' un ritratto di una generazione. I sogni, le abitudini quotidiane, la vita nella città universitaria, l'angoscia per un futuro incerto. E poi, all'improvviso, il timore per quella interminabile serie di scosse, sempre crescente. Le ansie dei genitori, che loro, i giovani, cercavano di alleviare, ma con la morte nel cuore. Infine le ore concitate della vigilia, la fiducia mal riposta nelle rassicurazioni delle autorità, la scossa, la grande scossa. E poi il silenzio. Vite cancellate in un attimo. Resta solo la rabbia dei genitori. Per aver perso la vita di un figlio che li proiettava nel futuro. Per aver registrato, dopo, l'arida risposta, ai limti del menefreghismo, dei responsabili del disastro. Sergio Bianchi, presidente dell'Associazione, e gli altri genitori vogliono giustizia. ma nello stesso tempo girano la regione, dovunque sono invitati, perchè quello che è successo in quella notte all'Aquila non abbia più a ripetersi
Un cantiere aperto
di Tommaso Valentinetti con Fabio Zavattaro
Prefazione di Enzo Bianchi, priore di Bose
Conosco don Tommaso ormai da trentacinque anni. Nell’autunno del 1977 eravamo entrambi a Gerusalemme, lui per un semestre dei suoi studi al Pontificio Istituto Biblico, io per un approfondimento dello studio dell’ebraico e un’immersione nella cultura e nella fede della terra delle promesse e dell’incarnazione. Da quell’incontro e dalla passione per la sacra Scrittura che allora scoprimmo condivisa, è nata un’amicizia che negli anni si è vìa via approfondita e consolidata. Una vicinanza spirituale che ha accompagnato il ministero pastorale di don Tommaso, dapprima come presbitero e poi vicario generale di Lanciano-Ortona, poi come vescovo di Termoli-Larino e ora come arcivescovo di Pescara, così come, a sua volta, mons. Valentinetti ha seguito con fraternità fedele il cammino della mia comunità, la sua crescita qui a Bose e il suo insediarsi a Ostuni e ad Assisi.
Non posso quindi che rallegrarmi per l’uscita di questo libro-intervista a cura di Fabio Zavattaro: sono pagine da cui emerge a tutto tondo la figura di un cristiano, di un prete e di un vescovo “del Concilio”. Davvero per don Tommaso il Vaticano II è la bussola che ha sempre orientato il suo cammino di sequela al Signore Gesù: dal radicamento profondo nella Parola di Dio contenuta nelle Scritture, alla sua opera pastorale attenta ai vicini e sollecita verso i lontani, dall’uso della medicina della misericordia al lavoro concreto per la pace e la giustizia, il soffio dello Spirito che ha attraversato la Chiesa durante la “novella Pentecoste” dell’assise ecumenica voluta da papa Giovanni è anche quello che ha permeato l’esperienza spirituale e pastorale dell’attuale arcivescovo di Pescara.
Il libro si sofferma soprattutto sulle tematiche maggiormente legate al rapporto tra Chiesa e società, al modo di porsi del cristiano nella compagnia degli uomini - anche in virtù dell’importante ruolo svolto come presidente di Pax Christi -, ma l’afflato che percorre il pensare e l’agire del vescovo Valentinetti trova la sua origine nel rapporto assiduo con la Parola di Dio letta, meditata e predicata, a tempo e fuori tempo. Il suo muoversi con parresia nel difficile e stimolante rapporto tra Chiesa e mondo - declinato con le istanze della politica e della giustizia, della pace e del rispetto per l’altro, a cominciare dallo straniero, della laicità e del futuro dell’Europa - è costantemente spronato dalle esigenze del Vangelo, alla ricerca di una testimonianza cristiana credibile nell’oggi della storia, per gli uomini e le donne del nostro tempo.
Il lavoro prezioso dell’intervistatore Fabio Zavattaro - un autentico professionista dell’informazione, “partecipe” del vissuto ecclesiale italiano - riesce con semplicità e profondità a mettere in risalto la cogente attualità delle tematiche e la grande ricchezza che la tradizione cristiana sa offrire all’umanizzazione di ciascuno e alla qualità della convivenza civile ogni volta che i cristiani sanno ritornare alla sorgente incontaminata del Vangelo. In fondo, la “differenza cristiana” è tutta nel prendere sul serio l’invito che il Concilio ha rivolto a tutti i cristiani: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (Gaudium et spes, n. 1). Di tale eco dell’umanità nel cuore del discepolo di Cristo queste pagine sono una viva testimonianza, in una stagione in cui la Chiesa è chiamata a trovare modi nuovi e antichi per annunciare la “buona notizia” della risurrezione di Cristo dai morti e della salvezza destinata all’umanità intera.
Tutto a segno di croce
a cura di Erberto Petoia
Da un passato recente della nostra storia, ormai remoto nelle coscienze, emerge il ruolo e la centralità della donna nella società contadina, attraverso narrazioni che rivelano vicende e visioni di mondi diversi, Storie di donne comuni, cui compete, oltre al lavoro nei campi, la gestione della casa e dei figli, e per le quali l'infanzia, il gioco, l'istruzione, il matrimonio e la maternità assumono di volta in volta un significato diverso.
Malgrado il ruolo subalterno cui è relegata all'interno della società contadina, la donna assurge però a protagonista nella gestione della vita e della morte e di tutti i tramiti verso quegli universi misteriosi e religiosi che stanno alla base della sopravvivenza del gruppo.
Storie di donne, la cui forza e dignità hanno garantito alla società contadina, perennemente vittima di emigrazioni, di guerre e di miserie, la sua continuità e la sua sopravvivenza. E oggi diventa per loro, testimoni della fine di una civiltà e della fuga da essa delle ultime generazioni, sempre più difficile orientarsi nella trama di modelli culturali, spesso svuotati di quei valori che avevano scandito le loro opere e i giorni. Protagoniste silenti di una historia minor, ma non per questo meno importante e significativa ai fini della comprensione del tempo attuale.
Erberto Petoia, membro del Centro Studi Tradizioni Popolari "Alfonso M. di Nola", ha collaborato per anni con la cattedra di Storia delle Religioni e Antropologia Culturale presso l'Istituto Universitario Orientale di Napoli e presso l'Università di Roma III. Tra le sue pubblicazioni Vampiri e lupi marinari (tradotto in spagnolo e polacco), Miti e leggende del Medioevo (tradotto in ceco e in serbo); Malocchio e jettatura; Miti e leggende degli zingari e ha collaborato al volume collettaneo Antropologia e storia delle religioni, Saggi in onore di Alfonso M. Di Nola. In collaborazione con Claudio Corvino, Storia e leggende di Babbo Natale e della Befana e, frutto di una lunga ricerca sul campo, La stella e l'aratro. Tradizioni popolari in Irpinia. Ha inoltre curato e tradotto Il vampiro di J. W. Polidori, Un mistero della campagna romana di Anne Crawford, Jude l'oscuro di Thomas Hardy, Breve storia della fine del mondo di Paula Clifford e Dizionario universale del Natale di Gerry Bowler. Collabora a "Medioevo" e ad altre riviste specializzate.